L'ansia, il panico e le fobie sono
tra i disturbi clinici più diffusi. La Psicoterapia Integrata offre un punto di
vista alternativo a quanto gia offerto dalle altre scuole
Articolo a cura di Dr. Massimo Giusti.
Breve descrizione dei disturbi d'ansia
I disturbi
d'ansia si manifestano tramite reazioni di allarme e/o paure esagerate
rispetto allo stimolo presente. Col tempo si strutturano in
comportamenti che si trasformano in abitudini per il soggetto che ne
soffre. Molte di queste nuove abitudini sono di fatti delle condotte di
evitamento, cioè comportamenti che subentrano nello stile di vita della
persona al fine di evitare quegli stimoli che causano disagio e sofferenza o il ricordo del
disagio e della sofferenza.
Alcuni esempi
Nel caso
della fobia dei cani la persona comincia a mostrare paurare dei cani
anche in assenza di reale pericolo. Poi inizia ad evitare quelle strade e
luoghi dove possono esserci dei cani. Questo cambiamento avviene spesso in maniera graduale,
inavvertita come particolarmente problematica dalla persona. Per esempio può
aver cambiato percorso per andare a scuola o lavoro, aver cambiato
fruttivendolo e deciso di portare i propri figli a giocare in un'altro parco
con altri amici.Si arriva a chiedere aiuto quando il confronto con amici,
parenti, il nuovo ambiente sociale o qualche situazione ha messo in crisi l'adattamento della persona,
rendendo evidente il problema e facendo nascere in essa il bisogno di
affrontarlo.
Nel caso
degli attacchi di panico la persona può sviluppare il timore di provare
nuovamente quella sensazione, cominciando ad evitare di uscire da solo per il
timore di non poter essere soccorsa. Col tempo alcuni soggetti arrivano persino
a non uscire più di casa, passando la giornata su internet o evitando di uscire
di casa se non accompagnati. Si arriva a chiedere aiuto perchè non si comprende
cosa stia succedendo, ci si sente poco normali, si ha paura di impazzire oppure
l'ambiente sociale nel quale si vive comincia a fare pressioni per la soluzione
del problema
Nella fobia
sociale la persona evita situazioni dove deve esporsi o potrebbe capitare
di farlo, arrivando a sperimentare un senso di solitudine molto forte che può
produrre una forma di depressione secondaria. Molte persone che soffrono di fobia
sociale chiedono aiuto allo psicologo perchè si sentono depresse.
Riferiscono di sentirsi depresse perchè si sentono sole, non provano piacere
nel contatto con gli altri e preferiscono stare chiuse in casa.
Un caso
particolare di disturbo d'ansia è l'emetofobia, chi ne soffre tende a
non andare a mangiare fuori casa perchè non vuol mangiare in pubblico. Tende a
limitarsi nell'alimentazione perchè ha paura di vomitare. Per questi motivi
possono insorgere problematiche simili a disturbi di panico, anoressia nervosa
o fobia sociale. Queste persone possono chiedere aiuto per uno di questi motivi
oppure il professionista potrebbe confondere il loro problema con una di queste
altre problematiche. In proposito si legga questo bell'articolo di Emanuel
Mian: http://www.medicitalia.it/minforma/Psicologia/700/Emetofobia-la-paura-del-vomito
Il modello integrato
Nel caso dei
disturbi d'ansia esistono molte teorie sulla loro natura, sul loro modo di
svilupparsi nel tempo e di mantenersi una volta entrati nella vita del
soggetto. In psicoterapia integrata si da molta importanza all'insieme
dei modelli esplicativi e di intervento esistenti al fine di strutturare
un'approccio il più flessibile possibile.
Le teorie
comportamentali hanno messo in evidenza il ruolo svolto dall'apprendimento
per quanto riguarda certi disturbi. Hanno dimostrato ampiamente come le fobie si possano apprendere e mantenere,
di come sia possibile estinguere un'attacco di panico e ridurre fino
all'eliminazione quelle condotte di evitamento che caratterizzano molti disturbi d'ansia.
I modelli
sistemici hanno evidenziato il ruolo della famiglia nel manifestarsi dei
disturbi e nel loro mantenimento. Insieme ai modelli cognitivi sono
stati messi in evidenza molti circoli viziosi tramite i quali questi disturbi
si manifestano e poi si mantengono nel tempo.
Nei modelli
integrati di psicoterapia stanno trovando sempre più spazio concetti quali
regolazione affettiva e le teorie dell'attaccamento. Si ritiene, cioè, che il comportamento umano non sia dovuto al caso e benché possibile di
infinite combinazioni vi siano dei modi, delle strade preferenziali, con le
quali le persone tendono a mettersi in relazioni con se stessi, gli altri ed il
mondo. Queste strade preferenziali predispongono ad un ventaglio di possibili
problematiche che si possono sviluppare in condizioni ambientali (ambiente
sociale e fisico) che lo stimolano
Chi soffre
di disturbi genralmente usano tre modi per descrivere il loro problema. Quelli
che prima stavano bene ed ora è tutto difficile. Quelli che sono sempre stati
ansiosi. Quelli che non se l'aspettavano proprio, una cosa che arriva
all'imporvviso senza che se l'aspettano ma nonostante ciò non li ferma.
Questi tre
modi di descriversi svelano tre strade differenti di vivere se stessi e di
approcciarsi alle cose. Chi fa la distinzione tra il prima ed il dopo pone la
sua attenzione sulla sua immagine crollata. Inaspettatamente, senza
apparenti preavvisi, il disturbo d'ansia si presenta come un problema che mette
in discussione le certezze e le sicurezze di prima. Se tutto era facile adesso
non lo è più. A volte assume un certo ruolo la vergogna di confessare ad amici
e conoscenti che si sta male e non si è più capaci di fare certe cose
Chi si
descrive come sempre ansioso mette in evidenza la sua insicurezza percepita, il
fatto che si è abituato a questo stato di cose adattandocisi e che adesso la
situazione gli è sfuggita di mano. Quasi come se fosse normale essere ansioso.
In alcuni casi è molto triste notare che la persona si sente in una certa
misura "disabile", comunque con una mancanza, un deficit.
Chi si
descrive come persona sicura di se che inaspettatamente si è sentita male tende
ad avere un'atteggiamento attivo nella vita, ad affrontare le cose facendole.
Il disturbo d'ansia ha messo in crisi questo modo di sentirsi e di affrontare
le cose.
Le persone
che soffrono di disturbi d'ansia tendono ad avere un senso di sé piuttosto
instabile e insicuro. A questo atteggiamento possono compensare con un
comportamento di accettazione, cioè rendendosi conto di essere insicuri e
quindi adattandosi in vari modi a questa consapevolezza. Altri possono avere
un'atteggiamento fin troppo sicuro di sé, persino vincente, e la crisi d'ansia
(in qualunque forma) può essere una crepa insanabile nella propria autostima e nel proprio senso di sé. Altri
ancora si ritrovano a confrontarsi saltuariamente ocn questa cosa, continuando
ad affrontarla di petto (in realtà trascurandola) fino a che non sfugge di mano
Una volta sviluppato
il problema pongono una eccessiva attenzione alle proprie sensazioni
arrivando a dargli dei valori anche svincolati dal contesto (gli emetofobici
possono considerare ansia lo stimolo della fame, fino ad
avere un'attacco di panico; i fobici sociali possono dare talmente peso
ad uno stimolo insignificante da provare una vergogna bloccante e pervasiva;
chi soffre di panico può confondere il normale battito cardiaco o una
sensazione di dolore al petto per un'attacco cardiaco o un'imminente attacco di
panico, fino ad avere l'attacco).
Il trattamento
In
psicoterapia integrata il trattamento i svolge su due livelli. Il primo è
quello di consapevolizzare la persona delle proprie sensazioni fisiche,
dandogli una più adeguata identificazione e dunque (qui c'è il secondo livello)
condurre ad una interpretazione del vissuto in termini differenti, più
adeguati. La dinamica emozione-cognizione e il suo andamento ricorsivo è
tenuta in gran conto in questo modello clinico ed il terapeuta integrato starà
spesso attento alle sensazioni corporee (le emozioni sono sensazioni corporee a cui noi
diamo un nome) ed il modo di leggerle e interpretarle da parte del paziente
Le emozioni
tendono a compensarsi. Non capita solo per le emozioni spiacevoli, ci sono
persone che dopo aver raggiunto un'importante traguardo pensano agli errori
commessi, senza concedersi la soddisfazione del raggiungimento.
Alcune
persone si sentono insicure e questo le porta a cambiare abitudini alla ricerca
di di maggiore sicurezza. Altre per fronteggiare il timore di una possibile ricaduta
tendono a pensarsi ancora malati o in pericolo. Non basta ovviamente dare un
nome alle cose per farle passare, è necessario farne esperienza. Per
comprendere meglio cosa intendo per "esperienza" consiglio la lettura
di questo
articolo della
collega Bongiorno sulla terapia della Gestalt, cui la Psicoterapia Integrata
deve molto.
Per esempio
la persona che soffre di panico può rendersi conto che tende ad interpretare il
battito cardiaco come infarto in certi momenti. Per esempio quando ha bisogno
di spazio, quando si sente soffocare da certe situazioni. Quindi in certi
periodi si sente maggiormente in difficoltà e questo lo predispone a situazioni
di panico. Il sintomo perde il suo valore patogeno e si trasforma in una
sensazione differente, vivibile. E' questo che si intende quando si dice
"farsi amico il sintomo", non che si deve stare con l'ansia!
L'emetofobico
può rendersi conto che ha semplicemente fame e che fraintende questo stimolo
con paura quando, per esempio, sta commettendo qualcosa per cui si sente in
colpa.
Il fobico
sociale potrà rendersi conto che non sono gli altri a ridere di lei, ma è lei a
sentirsi inadeguata di fronte agli altri, riducendo in parte il senso di
vergogna.
Durata del trattamento
Benché la
Psicoterapia Integrata non nasca come approccio clinico breve è vero che per
mantenere la flessibilità a cui ambisce deve adeguarsi alle esigenze del paziente.
Non tutte le persone vanno in terapia per starci un paio d'anni, sarebbe
controproducente fornire esclusivamente trattamenti di durata standard (breve o
lunga) a soggetti differenti, che nonostante le etichette diagnostiche portano
con se una spiaccata individualità difficilmente descrivibile in poche righe.
Specialmente
in quei casi dove il disturbo è stato di ostacolo a molte delle cose che il
paziente voleva fare una volta che il disturbo non c'è più preferisce cessare
la terapia. Nonostante ciò è sempre raccomandabile acquisire una qualche forma
di controllo cosciente sui propri stai interni. Rendersi consapevoli di quelle
forme di regolazione emotiva che possono produrre dei disturbi. Sviluppare, in
altre parole, una specie di "terapeuta interno". Questo non richiede
sempre dei lunghi periodi né una frequenza assidua.
Generalmente,
superato il problema e raggiunto un livello di consapevolezza sufficiente è
possibile diradare le sedute o interrompere la terapia.
Non è
necessario essere consapevoli di tutto, sarebbe un'obiettivo impossibile. E'
però importante rendersi capaci di affrontare autonomamete i propri problemi.
Per questo in Psicoterapia Integrata non si considera concluso un percorso
quando il sintomo è sparito ma quando la persona ha preso un certo livello di
consapevolezza su di sé ed i propri stati emotivi.
Riferimenti
- Vittorio Guidano, Il sé nel suo
divenire, verso una terapia cognitiva post razionalista, Bollati
Boringhieri, 1992
- Greenberg L, Paivio SC.
Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata, sovera edizioni, 2000